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Cina e Tibet (eps. 4) Lhasa

Cina e Tibet  (eps. 4) 
Due giorni Lhasa


Giorno 4-5



1) La colazione dello Yak hotel è discreta e su tutto svetta il tè al burro. Qui di burro ne scorre a fiumi, poi capiró perché. Alle 8 arriva Lobsang. Noi ci siamo ripresi bene e ci dirigiamo in auto verso il Potala palace. 400 metri che facciamo in mezz'ora.


C'è gente che cammina con in mano una corona, come un rosario. All'ingresso reincontriamo Liza e, dopo il controllo passaporti, il controllo bagagli, il secondo controllo passaporti, il secondo controllo bagagli, una guardia che mi sfotte per il cappello, entriamo nel Potala Palace.





È un edificio imponente, alto 13 piani e 130 metri costruito in piú fasi dal settimo secolo d.c. in poi, contiene 1000 stanze. È stato sede dei Dalai Lama(termine mongolo che vuol dire Oceano di Saggezza) a partire dal quinto che, grazie ai mongoli, prese il potere unificando la figura religiosa e il potere politico. Dal 1959 l'attuale Dalai Lama è in esilio a Dharamsala, in India. Questione complessa perché dopo l'occupazione cinese del 1950, la politica ha molto osteggiato qualsiasi rivendicazione tibetana, provocando anche diverse autoimmolazioni di monaci. Il Potala ci lascia letteralmente senza fiato anche perché la salita non finisce mai. Ma lo fanno le vecchiette tibetane e dobbiamo farcela anche noi. Lobsang ci fa riposare un pó ogni tanto e ci scatta anche una foto. Ottima guida ma pessimo fotografo. Dall'alto vediamo Lhasa avvolta nella nebbia, Lobsang dice che è incenso, a me sembra smog.






Il palazzo è ricoperto di legno dipinto di rosso che funge da isolante. All'interno sono vietate le foto. Peccato davvero. Perché l'interno è stupefacente. Si sussieguono stanze con stupa, tombe, statue e mandala dorati e finemente intarsiati di pietre persone. Ogni tanto passa un monaco che versa burro di yak per dare modo alle candele di illuminarsi.



La visita dura un'ora e mezza circa. Usciamo dal retro e troviamo una massa di persone che cammina, con corona in mano, e prega. Sono pellegrini che fanno la kora del Potala (un circuito che gira attorno alla collina dove sorge il palazzo). Facciamo un tratto anche noi. Una bambina mi prende la mano, mentre fa la kora con I suoi genitori, e mi chiede di dove sono. Usciamo dalla kora attraverso un grazioso parco dove I tibetani fanno sport insieme.




2) il monastero Jokhang è, invece, al centro di Lhasa. Sulla piazza Barkhor. Gli accessi sono tutti monitorati dalla polizia cinese. Superato il controllo, la visione che ci accoglie é incredibile. Enormi bruciatori di incenso sputano fumo verso il cielo, Migliaia di pellegrini fanno la kora del Barkhor, rigorosamente in senso orario, sono in fila all'ingresso del tempio con coppette piene di oro, si prostrano fuori dal tempio. Mentre aspetto Lobsang che prende I biglietti, si avvicina un tizio alto che mi guarda male. "It's cuban,  see the flag" gli dico, ma credo sia arrivato il momento di togliersi il cappello. Il tempio dentro è piccolo e la gente si ammassa una sull'altra. Adulti, vecchi, bambini, storpi, monaci. C'è chi crede di ascoltare le onde del lago sotto il tempio da una pietra, un monaco suona il tamburo e gli buttano soldi sul tavolo. I soldi sono ovunque. Li calpestiamo.  La fila é chilometrica ma noi abbiamo I biglietti e passiamo oltre. È una sensazione forte. Come stare a Gerusalemme. Qui è tutto assurdo e affascinante. In meno di un'ora terminiamo la visita.  Facciamo anche noi la kora del Barkhor insieme ai pellegrini. E vediamo come bruciano l'incenso essiccato. Lobsang ci porta al ristorante dove Margherita prende un set di pietanze nepalesi con carne di montone e sughi piccanti. Io opto per I momo (versione tibetana dei ravioli cinesi ripieni di carne di.....yak ovviamente). Prendo anche uno yogurt come Lobsang. Alla fine, 79 yuan in 2. Il tour è finito. Chiedo a Lobsang di visitare qualcos'altro ma mi risponde che non si puó deviare dall'itinerario perché viene consegnato alle Autoritâ cinesi. Insomma, pomeriggio libero.


Ci riposiamo e poi in giro per negozi e mercati che mi ricordano Napoli dove iniziamo a contrattare, con scarsi risultati, ma qualche vittoria. I cinesi ci chiamano "How much".Tra l'altro è pieno di studi dentistici che visitano all'aria aperta. Un pó come farsi una visita tra le casse del fruttivendolo. Ci terranno per I denti ma un pó meno per il resto dato che I monaci non si lavano e tutti tossiscono e scatarrano ovunque. Torniamo in hotel. A proposito, Lobsang mi ha detto che parlano inglese alla reception ma finora non ci siamo mai capiti. È tempo di riposarci, domani si sale.




Prossimo episodio:
Cina e Tibet  (eps. 5)
Escursione allo Yamdrok lake (4441 mt)








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